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Pagina:Le industrie femminili.djvu/74

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62 le industrie femminii italiane


La chiesa ebbe di loro ricchi arredi e preziosi ricami e le vergini e le vedove sotto il nome di diaconesse, corrispon- denti alle attuali suore di carità, si dedicavano al culto di Dio e a lenire le sofferenze del prossimo.

Distrutta Aquileia i superstiti della città arsa da Attila si rifugiarono nelle isolette della laguna veneta, dove si re- strinse ancor più 1' umile lavoro femminile.

I Longobardi che conquistarono il Friuli nell'ottavo secolo e gli Unni che continuavano a devastare le vallate e le pia- nure, impoverirono il paese, finché tutte le industrie fiorenti ond'era stata celebre Aquileia cedettero il campo ad un certo splendore barbarico di tessuti e ricami che venivano eseguiti nei conventi fortificati, posti il più vicino possibile al palazzo fortezza del Patriarca. Le giovinette patrizie, che non potevano venir educate in casa, erano affidate al convento, dove impa- ravano a ricamare, a scrivere, a ballare e a disegnare.

I ricami, le trine, i damaschi, i broccati e le sete gregge erano preparati in famiglia, mentre si compravano i velluti, le mussoline, i veli e i cuoi lavorati, come risulta dai libri di conti che ancora si conservano in certi castelli.

L'antica fondazione di Lodovico Uccellis, fatta nel 1431 per educare e provvedere di dote alcune fanciulle nobili e povere, vittime del sistema monastico, riprese più tardi la sua funzione quale lascito educativo per le fanciulle di provincia, con alcuni posti liberi alla discrezione degli amministratori, divenendo in breve il più importante istituto di educazione femminile. Vi sono oggi impiegate 20 giovani maestre, per 36 convittrici e 112 allieve esterne; e si pensa di farne un edu- candato governativo.