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Pagina:Le industrie femminili.djvu/88

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LE INDUSTRIE FEMMINILI ITALIANE

della decadenza, ci dà preziosi ragguagli la briosa Conzateste goldoniana. Pasquetta, un'amica della protagonista, le sug- gerisce di andare ad offrire l'opera sua per il corredo della sposa Zen:

« Certo che se i ve dà la commission De provveder i merli che ghe voi, Podè chiapar la vostra provision Da chi li vende e po da chi li tol. Se dà da intender che gh'è un'ocasion De fora via, che vantazar se poi, I se paga de manco, e quel de più Se spartisse da amighe tra de nu ».

E davanti alle giovani apprendiste, — tra le mani delle quali intravediamo gran quantità di cuffie co' le eoe ", di mantelline e piccole pellicce, di baveri, stolete, palatine, colla- retti, pettorine, cascate, di tutti i laorieri, in somma, che la moda allora imponeva, — Lucrezia, la giovane mistra, risponde:

« Me fe' da rider co' sti avertimenti: No son gonza, sorela, e lo save' ».

Pur decaduta, la industria dei merletti veneziani dava però ancora modo alla Ladies' Society di introdurre nella povera Irlanda, devastata dalla carestia del 1820, buona fonte di gua- dagno per le donne, con l'apprender loro il punto di Venezia. Ma, passati altri cinquant'anni, non si sarebbero trovate a Palestrina, " la Manchester dei fuselli come la chiamava il Fambri, forse cento donne che sapessero incrociare i fuselli un po' a modo; e quanto ai merletti ad ago, al punto di Ve-