Pagina:Le mie prigioni.djvu/130

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quando sembra a taluno d’operare con buone ragioni e senza manifesta ripugnanza della coscienza, ei non debba più paventare di colpa. Egli tuttavia riflettesse parimente con tutta la serietà all’assunto che imprendevamo, e mi dicesse schietto con qual grado di tranquillità o d’inquietudine vi si determinasse. Che, se per nuove riflessioni, ei giudicava l’assunto troppo temerario, facessimo lo sforzo di rinunciare al conforto promessoci dal carteggio, e ci contentassimo d’esserci conosciuti collo scambio di poche parole, ma indelebili e mallevadrici di alta amicizia.

Scrissi quattro pagine caldissime del più sincero affetto, accennai brevemente il soggetto della mia prigionia, parlai con effusione di cuore della mia famiglia e d’alcuni altri miei particolari, e mirai a farmi conoscere nel fondo dell’anima.

A sera la mia lettera fu portata. Non avendo dormito la notte precedente, era stanchissimo; il sonno non si fece invocare, e mi svegliai la mattina seguente ristorato, lieto, palpitante al dolce pensiero d’aver forse a momenti la risposta dell’amico.