Pagina:Le mie prigioni.djvu/133

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di sincerità. Ripeteva il suo grandissimo desiderio di stare in relazione con me, e mi salutava.

Una poscritta diceva: — Non ho altri scrupoli, se non di non essere schietto abbastanza. Non posso quindi tacervi, di sospettare, che il linguaggio cristiano che teneste meco sia finzione. Lo bramo ardentemente. In tal caso gettate la maschera; v’ho dato l’esempio. —

Non saprei dire l’effetto strano che mi fece quella lettera. Io palpitava come un innamorato ai primi periodi: una mano di ghiaccio sembrò quindi stringermi il cuore. Quel sarcasmo sulla mia coscienziosità m’offese. Mi pentii d’aver aperta una relazione con siffatt’uomo: io che dispregio tanto il cinismo! io che lo credo la più infilosofica, la più villana di tutte le tendenze! io, a cui l’arroganza impone sì poco!

Letta l’ultima parola, pigliai la lettera fra il pollice e l’indice d’una mano, ed il pollice e l’indice dell’altra, ed alzando la mano sinistra tirai giù rapidamente la destra, cosicchè ciascuna delle due mani rimase in possesso d’una mezza lettera.