Pagina:Le mie prigioni.djvu/270

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Capo LXXV.

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Mi fu portato un foglio di carta ed il calamaio, affinch’io scrivessi a’ parenti.

Siccome propriamente la permissione erasi data ad un moribondo, che intendea di volgere alla famiglia l’ultimo addio, io temeva che la mia lettera, essendo ora d’altro tenore, più non venisse spedita. Mi limitai a pregare colla più grande tenerezza genitori, fratelli e sorelle, che si rassegnassero alla mia sorte, protestando loro d’essere rassegnato.

Quella lettera fu nondimeno spedita, come poi seppi allorchè dopo tanti anni rividi il tetto paterno. L’unica fu dessa che, in sì lungo tempo della mia captività, i cari parenti potessero avere da me. Io da loro non n’ebbi mai alcuna: quelle che mi scrivevano furono sempre tenute a Vienna. Egualmente privati d’ogni relazione colle famiglie erano gli altri compagni di sventura.

Dimandammo infinite volte la grazia d’avere almeno carta e calamaio per istudiare, e quella