Pagina:Le mie prigioni.djvu/279

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Capo LXXVIII.

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Avrei bramato che il cappellano (del quale io era stato così contento al tempo della mia prima malattia) ci fosse stato conceduto per confessore, e che potessimo vederlo a quando a quando, anche senza trovarci gravemente infermi. Invece di dare questo incarico a lui, il governatore ci destinò un agostiniano, per nome P. Battista, intantochè venisse da Vienna o la conferma di questo, o la nomina d’un altro.

Io temea di perderci nel cambio; m’ingannava. Il P. Battista era un angiolo di carità; i suoi modi erano educatissimi ed anzi eleganti; ragionava profondamente de’ doveri dell’uomo.

Lo pregammo di visitarci spesso. Veniva ogni mese, e più frequentemente se poteva. Ci portava anche, col permesso del governatore, qualche libro, e ci diceva, a nome del suo abate, che tutta la biblioteca del convento stava a nostra disposizione. Sarebbe stato un gran guadagno questo per noi, se fosse durato. Tuttavia ne profittammo per parecchi mesi.