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duta chiara di Dio, e di possederlo senza velo, sarebbe un combatterla il dire, che non si vede niente nel mondo che lo mostri con tanta evidenza. Ma poichè dice, anzi, essere gli uomini nelle tenebre e lontani da Dio, il quale s’è nascosto alla loro cognizione, ed essere appunto il nome ch’egli si dà nelle Scritture, Deus absconditus... qual vantaggio possono essi trarre, allorchè nella negligenza che professano quanto alla scienza della verità, gridano che la verità non vien loro mostrata?»
Più sotto era scritto (parole dello stesso autore):
«Non trattasi qui del lieve interesse di qualche persona straniera; trattasi di noi medesimi e del nostro tutto. L’immortalità dell’anima è cosa, che tanto importa e che toccaci sì profondamente, che bisogna aver perduto ogni senno per essere nell’indifferenza di saper che ne sia».
Un altro scritto diceva:
«Benedico la prigione, poichè m’ha fatto conoscere l’ingratitudine degli uomini, la mia miseria, e la bontà di Dio».
Accanto a queste umili parole erano le più violente e superbe imprecazioni d’uno che si