Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/109

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e preferisco sempre il piacere di vedervi all’impero dell’universo.

«A tal discorso, interrotto da sospiri e singhiozzi, perdei la pazienza. Mi palesai, ed accostatomele: — Signora,» le dissi, «bastano i pianti; è tempo di por fine ad un dolore che ci disonora ambedue; troppo dimenticate ciò che dovete a me ed a voi medesima. — Sire,» mi rispose colei, «se vi rimane ancora qualche considerazione, o piuttosto qualche compiacenza per me, vi supplico di non contraddirmi. Lasciate che mi abbandoni alle mie angosce mortali; il tempo non potrà mai diminuirle.

«Quando vidi che i miei discorsi, invece di farla rientrare nel dovere, servivano sol ad irritarne il furore, cessai dal parlarle e mi ritirai. Continuò essa a visitare tutt’i giorni il suo amante, e per due anni intieri non fece che disperarsi. Andai una seconda volta al palazzo delle Lagrime mentre v’era anch’essa; mi nascosi di nuovo, ed udii che diceva: — Sono tre anni che non m’avete detto una sola parola, e non rispondete agli attestati d’amore che vi do co’ miei gemiti; è ciò per insensibilità o per disprezzo? O tomba! avresti tu distrutto quei trasporti di tenerezza ch’egli aveva per me? Avresti tu chiusi quest’occhi che mi dimostravano tanto amore, e facevano tutta la mia delizia? No, no, non posso crederlo. Dimmi piuttosto per qual prodigio tu sia divenuta depositaria del più raro tesoro che mai fosse.

«Vi confesso, o signore, che fui sdegnato da quelle parole, poichè alla fin fine quell’amante prediletto, quell’adorato mortale, non era qual ve lo potreste immaginare: era un Indiano negro, nativo di questi paesi. Fui, ripeto, tanto sdegnato, che mi feci bruscamente vedere, ed apostrofando lo stesso sepolcro: — O tomba,» sclamai, «perchè non inghiottisci questo mostro, che fa orrore alla natura; o piuttosto, perchè non distruggi tu questi due infami?