Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/147

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mai veduti prima di stasera, abbiamo però avuto il tempo di farci conoscere l’un l’altro per quello che siamo; ed oso assicurarvi che i re, da’ quali ebbimo vita, destarono qualche rumore nel mondo.

«A tal discorso, moderò Zobeide il proprio sdegno, e disse agli schiavi: — Lasciateli liberi, ma fermatevi qui. A quelli che ci racconteranno la loro storia ed il motivo che li ha condotti in questa casa, non farete alcun male, e li lascerete andare ove vorranno; ma non risparmiate chi volesse rifiutar di darci tal soddisfazione....»

La sultana qui tacque; ed il suo silenzio, al pari del giorno che compariva, facendo conoscere a Schahriar esser tempo di alzarsi, egli uscì proponendosi d’udire al domani Scheherazade, desideroso di sapere chi fossero i tre calenderi guerci.


NOTTE XXXVII


— Sire,» continuò la sultana in questa trentesimasettima notte, «i tre calenderi, il califfo, il gran visir Giafar, l’eunuco Mesrur ed il facchino trovavansi tutti in mezzo alla sala, seduti sur un tappeto, al cospetto delle tre dame che stavano sul sofà, e degli schiavi pronti ad eseguire gli ordini delle padrone.

«Il facchino, avendo inteso non trattarsi che di raccontare la sua storia per liberarsi da sì grave pericolo, prese pel primo la parola, e disse: — Signora, vi è già noto il motivo che mi ha condotto in casa vostra; perciò quanto ho da raccontare sarà in breve finito. La signora vostra sorella qui presente mi ha preso questa mattina in piazza, dove, in qualità di facchino, aspettava che qualcuno m’impiegasse per guadagnarmi il vitto. L’ho seguita da un venditore