Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/163

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ed i piedi, che il sole mi aveva quasi bruciati; rotti a forza di camminare i calzari, e costretto a procedere a piè scalzi, e gli abiti mi cadevano a brani.

«Entrai nella città per informarmi del luogo in cui era, e mi diressi ad un sarto che lavorava nella sua bottega, il quale, per la mia gioventù e l’aspetto dinotante ben altro da quel ch’io appariva, mi fe’ sedere vicino, e mi domandò chi fossi, donde venissi, e qual affare mi avesse là condotto. Gli confidai quanto m’era accaduto, nè feci difficoltà alcuna a scoprirgli la mia condizione. Il sarto mi ascoltò attentamente, ma quando ebbi finito di parlare, in vece di confortarmi, accrebbe il mio affanno. — Guardatevi bene,» mi disse, « dal confidare a chi che sia quanto mi narraste, poichè il monarca che regna in questi luoghi è il più acerrimo nemico del re vostro padre, e vi farebbe, son certo, qualche oltraggio, se sapesse il vostro arrivo in questa città.» Non dubitai della sincerità del sarto quando m’ebbe nominato il principe; ma siccome codest’inimicizia fra mio padre e lui non ha rapporto alcuno colle mie avventure, accontentatevi, signora, che la passi sotto silenzio.

«Ringraziai il sarto dell’avviso, accertandolo che mi rimetteva intieramente ai suoi consigli, e che non sarei per dimenticare giammai i servigi cui sarebbe per prestarmi. Or come pensò che non dovessi mancare d’appetito, mi fece recar da mangiare, e mi offerse alloggio in casa sua: io accettai.

«Pochi giorni dopo il mio arrivo, osservando egli ch’io era abbastanza rimesso dalla fatica del lungo e penoso viaggio, nè ignorando che la maggior parte dei principi della nostra religione, per precauzione contro i rovesci della fortuna, imparano qualche arte o mestiere onde servirsene in caso di bisogno, mi domandò se ne conoscessi alcuno con cui campar la vita senza stare a carico altrui. Risposi che sa-