Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/327

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NOTTE XC


— Sire, Sindbad, continuando la relazione del suo settimo viaggio, disse:

«Arrivarono finalmente le navi, ed il mio padrone, scelta egli stesso quella su cui doveva imbarcarmi, la caricò mezza d’avorio per mio conto, non dimenticando di farvi mettere eziandio viveri in abbondanza pel mio tragitto; mi costrinse inoltre ad accettare regali di gran valore, in curiosità del paese. Ringraziatolo caldamente di tutti i benefizi da lui ricevuti, m’imbarcai; salpammo, e siccome l’avventura cui doveva la libertà era assai straordinaria, me ne occupava di continuo.

«Ci fermammo in varie isole per approvvigionarci, ed essendo il nostro vascello partito da un porto di terra ferma dell’Indie, vi andammo ad approdare; colà, per evitar i pericoli di mare fino a Balsora, sbarcato l’avorio che mi apparteneva, risolsi di proseguire il viaggio per terra. Ricavata dal mio avorio una grossa somma di denaro, comprai parecchie rarità per farne regali, e pronto che fu il mio equipaggio, mi unii ad una grossa carovana di mercadanti. Lungo riescì il viaggio, e molto soffersi; ma soffriva con pazienza, riflettendo di non aver più a temere nè le tempeste, nè i corsari, nè i serpenti, nè tutti gli altri pericoli da me superati.

«Finirono in fine tutte queste fatiche, e giunsi relicemente a Bagdad. Andai subito a presentarmi al califfo per rendergli conto della mia ambasciata, e quel principe mi disse avergli la prolungata mia assenza cagionata molta inquietudine; ma che aveva sempre sperato che Dio non mi abbandone-