Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/352

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gno, ed io stesso ebbi l’onore di essere visir di quel medesimo sultano, con mio fratello, tuo zio, che, per quanto credo, vive ancora, e si chiama Schemseddin Mohammed. Costretto a separarmi da lui, giunsi in onesto paese, ove pervenni al grado da me occupato finora. Ma imparerai più distesamente tutte queste particolarità da una memoria che ho preparata. —

«Nello stesso tempo, Nureddin Alì trasse fuori un papiro, scritto di sua mano, ch’ei portava sempre con sè, e datolo a Bedreddin Hassan: — Prendi,» gli disse, «leggerai questa memoria con comodo; vi troverai, fra l’altre cose, il giorno del mio matrimonio e quello della tua nascita: circostanze delle quali potresti forse aver bisogno in progresso, e che devono obbligarti a conservarla con premura.» Bedreddin Hassan, afflittissimo al vedere il padre nello stato in cui si trovava, commosso dalle sue parole, ricevette la memoria colle lagrime agli occhi, promettendo di non privarsene giammai.

«In quel momento cadde Nureddin Alì in una sincope che fe’ credere dovesse spirare; ma tornato in sè e ripigliando il discorso: — Mio caro figlio,» gli disse, «la prima massima che debbo insegnarti è di non frequentare ogni specie di persone. Il mezzo di vivere sicuro è di dedicarsi intieramente a sè, e non comunicare facilmente con altrui.

«La seconda, di non far violenza a chicchessia, poichè in tal caso tutti si rivolterebbero contro di te, e tu devi risguardare il mondo come un creditore, al quale si deve moderazione, compassione e tolleranza.

«La terza, di non rispondere quando ti si dicono ingiurie. Si è fuor di pericolo (dice il proverbio) quando si sia in silenzio; ed è specialmente in questa occasione che devi metterlo in pratica. Sai pure a questo proposito che un nostro poeta dice: il silenzio essere l’ornamento e la salvaguardia della