Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/362

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razade, la quale differì la continuazione di questo racconto al giorno susseguente.


NOTTE C


— Sire,» diss’ella, «il visir Giafar, continuando a parlare al califfo:

«Bedreddin Hassan,» proseguì, «trovandosi vicino ai suonatori di strumenti, ai ballerini e ballerine che camminavano dinanzi al gobbo, cavava di tempo in tempo dalla borsa pugni di zecchini, distribuendoli ad essi. E siccome faceva le sue largizioni con grazia impareggiabile e sorridente aspetto, tutti coloro che le ricevevano, volgevano gli occhi su lui, e contemplatolo, lo trovavano sì ben fatto e bello della persona, che non potevano più distoglierne gli occhi.

«Giunsero finalmente alla porta del visir Schemseddin Mohammed, il quale era ben lungi dall’immaginare che suo nipote gli fosse tanto vicino. Gli uscieri, per impedire la confusione, fermarono tutti gli schiavi che portavano le fiaccole, e non vollero lasciarli passare, respingendo lo stesso Bedreddin Hassan; ma i suonatori, a’ quali aperta era la porta, fermaronsi, protestando non entrerebbero, se non lo lasciavano passare insieme. — Non entra nel numero degli schiavi,» dicevano, «e per persuadersene basta guardarlo. E certo un giovane forastiere che desidera vedere per curiosità le cerimonie di nozze in uso in questa città.» E sì dicendo, presolo in mezzo, a dispetto degli uscieri lo introdussero; e toltagli la fiaccola, e datala al primo che si presentò, entrati in sala, lo collocarono a destra del gobbo, il quale sedè sur un magnifico trono accanto alla figlia del visir.