Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/427

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essere il musulmano gobbo, di cui vuolsi oggi vendicare la morte. Prendemmo allora il cadavere, mia moglie ed io, e portatolo sul nostro tetto, lo passammo su quello del provveditore, nostro vicino, che stavate per far morire ingiustamente, e pel camino lo calammo nella di lui stanza. Avendolo poi il provveditore trovato in casa, lo trattò come un ladro, lo ha battuto e credè di averlo ucciso; ma così non è, come potete vedere dalla mia deposizione. Io sono dunque il solo autore dell’omicidio; e sebbene lo sia contro mia intenzione, risolsi di espiare la mia colpa, per non aver a rimproverarmi la morte di due musulmani, tollerando che togliate la vita al provveditore del sultano, di cui vi palesai l’innocenza. Rimandatelo adunque, di grazia, e mettetemi al suo posto, poichè niuno fuor di me è cagione della morte del gobbo...»

Scheherazade qui fu obbligata ad interrompersi, vedendo apparire il giorno. Schahriar allora si alzò; e la notte appresso la sultana ripigliò in questi sensi:


NOTTE CXXVII


— Sire,» diss’ella, «appena il giudice di polizia fu persuaso essere il medico ebreo il vero omicida, ordinò al carnefice d’impossessarsi di lui, e mettere in libertà il provveditore del sultano. Aveva già il medico la corda al collo, e stava per esalare l’estremo anelito, quando s’udì la voce del sartore, il quale pregava il boia a non andar più oltre, e facevasi largo fra il popolo per poter avanzarsi verso il luogotenente di polizia, giunto alla cui presenza: — Signore,» gli disse, «poco mancò non faceste perdere la vita a tre persone innocenti; ma se avrete la pa-

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