Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/437

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farmi passar bene il tempo; scorso il primo mese, cominciai ad andare da’ miei mercadanti due volte la settimana; accompagnato da un pubblico officiale, per esaminarne i libri di vendita, e da un cambiavalute per verificare la bontà ed il valore del danaro che mi pagavano; talchè i giorni di riscossione, quando tornava al khan di Mesrur, ov’era alloggiato, portava meco una buona somma: ma ciò non m’impediva che gli altri giorni della settimana non andassi a passar la mattina ora da un mercante, ora dall’altro, divertendomi a conversar seco loro, e vedere quanto accadeva nel bezestin.

«Un lunedì, che stava seduto nella bottega d’uno di quei mercanti, di nome Bedreddin, una dama d’alta condizione, com’era agevole conoscere dal portamento, dal suo vestiario e da una schiava che la seguiva, entrò in bottega, e mi sedè vicino. Quell’esteriore, unito ad una grazia naturale, che traspariva da tutti i di lei moti, mi prevenne in favor suo, e m’invogliò di meglio conoscerla. Io non so se ella si accorgesse che mi compiaceva a rimirarla, e se la mia attenzione non le spiacesse; ma alzò il fitto velo che le scendeva sul volto al di sopra della mussolina, ond’era celato, lasciandomi vedere due grandi occhi neri, dai quali rimasi ferito. Infine ella finì d’innamorarmi di lei col suono gratissimo della sua voce, e co’ suoi leggiadri modi, allorchè, salutando il mercante, gli chiese nuove della sua salute dal tempo che non lo vedeva.

«Conversato alcun tempo con lui di cose indifferenti, gli disse che cercava una certa stoffa col fondo d’oro; ch’era venuta alla sua bottega, avendola in concetto della più assortita d’ogni altra del bezestin, e che se ne aveva, farebbele gran piacere di mostrargliela. Bedreddin gliene fece vedere parecchie pezze, una delle quali essendole piaciuta, ed avendone do-