Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/442

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potrebbe amare con maggior passione di quello ch’io vi ami dal felice momento, in cui appariste a’ miei occhi, i quali rimasero abbagliati da tante attrattive, ed il mio cuore si arrese senza resistenza. — Non perdiamo il tempo in vane ciance,» interruppe essa; «non dubito della vostra sincerità, e sarete in breve convinto della mia. Volete farmi l’onore di venire a casa, oppure vorreste ch’io venissi da voi? — Signora,» le risposi, «io sono uno straniero alloggiato in un khan, che non è certo luogo atto a ricevere una dama del grado e del merito vostro...»

Stava Scheherazade per proseguire, ma fu costretta ad interrompere il discorso, essendo già comparso il giorno. Alla domane, continuò in questa guisa, facendo sempre parlare il giovane di Bagdad:


NOTTE CXXXV


— «È meglio, signora,» proseguì egli, «che abbiate la bontà d’insegnarmi la vostra dimora; avrò l’onore di venir a trovarvi in casa vostra.» La dama acconsentì. — Sarà,» disse, «per venerdì dopo domani; venite quel giorno, dopo la preghiera del mezzodì. Io abito nella via della Divozione. Cercate la casa di Abu Schamma, soprannominato Bercur, già capo degli emiri: mi troverete colà.» Così intesi, ci separammo, ed io passai il giorno dopo in grandissima impazienza.

«Il venerdì, alzatomi di buon mattino, indossai il più bell’abito che avessi, con una borsa ove posi cinquanta monete d’oro; e, salito sur un asino da me noleggiato fin dal giorno precedente, partii coll’uomo che me lo aveva ceduto. Giunti nella contrada della