Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/450

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La vostra ripugnanza da altro non deriva di certo se non dalla pena che avete a determinarvici. — Aimè! signora,» ripigliai, «bisognerà bene che mi ci risolva.» Ebbi appena pronunciate queste parole, ch’ella mi versò da bere, e presentandomi la tazza: — Prendete,» mi disse, «e bevete; questo v’intenderà coraggio» Allungai dunque la mano sinistra e presi la tazza...»

A tali parole, Scheherazade, vedendo il giorno, cessò dal racconto; ma la notte seguente proseguì in cotal guisa:


NOTTE CXXXIX


— «Quand’ebbi la tazza in mano,» disse il giovine, «raddoppiai il pianto e mandai nuovi gemiti. — Che cosa avete mai da sospirare e piangere sì amaramente?» mi disse allora la dama; «e perchè, invece della destra, prendete la tazza colla sinistra? — Ah! signora,» le risposi, «scusatemi, ve ne scongiuro; ho sulla man destra un tumore. — Mostratemi questo tumore,» ripigliò; «lo pungeremo.» Me ne scusai dicendo non esser desso ancora in istato di sopportare quell’operazione, e votai tutta la tazza che era grandissima; i vapori del vino, la stanchezza e l’abbattimento, nel quale mi trovava, m’ebbero in breve assopito, e dormii d’un sonno profondo, che durò fino all’indomani.

«Nel frattempo, volendo la dama sapere che cosa avessi alla mano destra, alzò l’abito che la nascondeva, e vide, con tutto lo stupore cui potete immaginare, ch’era tagliata, e l’aveva meco portata in un pannolino. Comprese tosto senza fatica perchè avessi tanto resistito alle di lei pressanti istanze, e passò la notte a