Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/47

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mi fai?» soggiunse il genio. — Sì,» disse il mercadante, «io lo prendo ancora una volta a testimonio, e voi potete riposare sul mio giuramento.» A tali parole, il genio lasciollo vicino alla fontana, e sparve.

«Il mercadante, riavutosi dallo spavento, risalì a cavallo e continuò il viaggio: ma se da un lato rallegravasi d’essersi sottratto da sì gran pericolo, dall’altro stava immerso in una mortale tristezza pensando al fatale giuramento prestato. Giunto a casa, fu accolto dalla moglie e dai figli colle più larghe dimostrazioni di gioia, ma invece di contraccambiarli, si mise a piangere sì dirottamente, ch’essi subito pensarono fossegli accaduta qualche cosa di straordinario. La moglie gli domandò la cagione di quelle lagrime e del vivo dolore che dimostrava. — Noi ci rallegriamo,» diss’ella, «del vostro ritorno, e voi invece ci mettete in timore per lo stato in cui vi vediamo; palesateci, vi prego, la cagione della vostra tristezza. — Oimè,» rispose il marito, «come poss’io dimostrarmi lieto, se non ho più d’un anno a vivere?» Allora narrò quanto era accaduto tra lui ed il genio, e disse la promessa fatta di tornare da lì ad un anno a ricevere la morte dalla costui mano.

«Udita ch’ebbe la triste novella, la famiglia ne fu costernata. La moglie metteva stridi compassionevoli, percuotendosi il viso e strappandosi i capelli; i figli struggevansi in lagrime, e facevano rimbombare la casa dei loro gemiti; ed il padre, cedendo alla forza del dolore, mescolava le sue lagrime ai loro lamenti. In somma era lo spettacolo più commovente del mondo.

«Il mercadante pensò tosto ad accomodare i suoi affari, e soprattutto s’affaccendò a pagare i debiti. Mandò doni agli amici e limosine ai poveri, mise in libertà i suoi schiavi dell’uno e dell’altro sesso, divise i beni