Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/490

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a palesare se avrete la bontà d’ascoltarmi. — Ne so già abbastanza,» replicò il governatore, «per rendervi tosto parte della giustizia che v’è dovuta. Sia condotto via di qui,» continuò egli, «il falso accusatore, e patisca il medesimo supplizio ch’egli fece infliggere a questo giovane, la cui innocenza m’è nota. —

«L’ordine del governatore fu sul momento eseguito, ed il gioielliere castigato come meritava. Indi, il governatore, congedati tutti gli altri, mi disse: — Figliuolo, raccontatemi senza timore in qual guisa quella collana sia caduta nelle vostre mani, e non mi celate nulla.» Allora gli svelai tutto, e confessai di aver voluto passare piuttosto per ladro che palesare la tragica avventura. — Gran Dio!» sclamò il governatore quand’ebbi finito di parlare; «i tuoi giudicii sono incomprensibili; noi dobbiamo sottomettervici senza mormorare! Ricevo con tutta rassegnazione il colpo, onde ti piace percuotermi.» Poscia, volgendosi a me: «Figliuolo,» disse, «ora che ho udita la cagione della vostra disgrazia, della quale sono afflittissimo, vi farò anch’io il racconto della mia. Sappiate che sono il padre delle due dame delle quali mi parlaste...»

A quest’ultime parole, Scheherazade, veduto comparire il giorno, interruppe la narrazione; e sulla fine della notte seguente la continuò di tal modo:


NOTTE CLVII


— Sire,» diss’ella, «ecco il discorso che il governatore di Damasco fece al giovane di Mussul: — Figliuolo,» diss’egli, «sappiate dunque che la prima