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Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/493

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vi farò impiccare tutti e quattro. — Aspettate di grazia, o, sire,» gridò il sartore, avanzandosi e prosternandosi a’ piedi del sultano; «giacchè vostra maestà ama le storielle piacevoli, quella che sono per narrarvi non vi spiacerà. — Ed io ascolterò te pure,» gli disse il sultano, «ma non lusingarti che ti lasci vivere, a meno che non mi racconti qualche avventura più dilettevole di quella del gobbo.» Allora il sarto, quasi fosse sicuro del fatto suo, prese la parola con fiducia, e cominciò in questi termini:


STORIA

NARRATA DAL SARTORE.


«Sire, un borghese di questa città mi fece l’onore, due giorni or sono, d’invitarmi ad un banchetto che dava ier mattina a’ suoi amici: recatomi quindi da lui a buonissim’ora, vi trovai circa venti persone.

«Aspettavamo il padrone di casa, ch’era uscito per qualche suo affare; quando lo vedemmo giungere accompagnato da un giovane forastiero ben vestito, bello, ma zoppo. Alzatici tutti, per far onore al padrone, pregammo il giovane a sedere con noi sul sofà; e stava per farlo, allorchè, vedendo un barbiere ch’era in nostra compagnia, si ritrasse bruscamente indietro, e volle uscire. Il padrone di casa, sorpreso di quell’atto, lo fermò. — Dove andate?» gli disse. «Vi conduco meco per farmi l‘onore d’assistere ad una merenda che do a’ miei amici, e volete uscire appena entrato? — Signore,» rispose il giovane, «in nome di Dio, vi supplico a non trattenermi, e permettere che me ne vada. Non posso veder senza orrore quell’abbominevole barbiere; benchè nato in un paese,