Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/530

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rah, che tratto tratto alzava la testa per guardarla, vedendola ridere, s’immagino fosse pel piacere della sua venuta, e lusingossi che presto, allontanate le schiave, sarebbe rimasta con lui senza testimoni. Indovinò ella il di lui pensiero; e dilettandosi a mantenerlo in sì grato errore, gli volse mille dolci parolette, presentandogli di propria mano le cose migliori.

«Finita la colazione e tolte le mense, dieci schiave presero vari stromenti, e cominciarono a suonare e cantare, mentre altre danzavano. Mio fratello, per far il vezzoso, ballò anch’egli, e la giovane dama fece lo stesso. Dopo aver danzato qualche tempo, sedettero per respirare; e la giovane, fattosi recare un bicchier di vino, guardò mio fratello sorridendo, quasi ad indicargli che voleva bere alla di lui salute. Per corrispondere a quella civiltà, si alzò egli e stette in piedi finchè ebbe bevuto; quindi essa, invece di restituir il bicchiere, lo fece riempire, e lo presentò a mio fratello, eccitandolo a farle onore...»

Scheherazade voleva proseguire il racconto, ma notando ch’era giorno, cessò di parlare; la notte seguente lo ripigliò, dicendo al sultano delle Indie:


NOTTE CLXXI


— Sire, il barbiere, continuando la storia di Bakbarah, disse:

«Mio fratello prese la tazza di mano della giovane dama, baciandogliela, e bevve in piedi per mostrare la sua gratitudine del ricevuto favore. Poscia la giovane se lo fece sedere accanto, e cominciò ad accarezzarlo, passandogli la mano dietro alla testa, e dandogli di tempo in tempo alcuni schiaffetti. Esta-