Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/555

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casa della gente per domandare l’elemosina? Ripigliate il vostro danaro; grazie a Dio non ne ho bisogno; io sono al servizio d’una giovine dama di questa città, di perfetta bellezza ed inoltre ricchissima, la quale non mi lascia mancar di nulla. —

«Mio fratello non fu abbastanza accorto onde avvedersi dell’astuzia della vecchia, la quale non aveva ricusate le due monete d’oro se non per cavargliene di più; ed invece le domandò se non poteva procurargli l’onore di vedere quella dama.— Volentieri,» rispose colei; «ed ella sarà ben contenta di sposarvi e mettervi al possesso di tutti i suoi beni, facendovi padrone della sua persona: prendete il vostro denaro, e seguitemi.» Giubilante di aver trovato una somma di danaro, e quasi nello stesso tempo una moglie leggiadra e ricca, chiuse gli occhi ad ogni altra considerazione, e prese le cinquecento pezze d‘oro, si lasciò condurre dalla vecchia.

«Camminò quella davanti a lui, ed egli la seguì da lontano fino alla porta d’una casa, ove bussò; la raggiunse colà il babbeo, nell’istante che una schiava greca le apriva. La vecchia lo fece entrare pel primo, e passare per una corte lastricata, introducendolo quindi in una sala, il cui ammobigliamento lo confermò nella buona opinione ch’erasegli fatta concepire della padrona di casa. Mentre la vecchia andò ad avvertire la signora, egli si pose a sedere, e siccome faceva caldo, si levò il turbante e se lo mise vicino. Poco dopo vide entrare la giovine dama, la quale lo sorprese molto più per la sua avvenenza che non colla ricchezza dell’abito. Si alzò egli appena la vide; ma la dama lo pregò con aria graziosa di tornare al suo posto, e sedutasi vicino a lui, gli esternò la propria gioia al vederlo, e dettagli quindi alcune dolci parolette:— Qui non istiamo troppo comodi,» soggiunse; «venite con me, datemi la mano.» Si dicendo gli