Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/60

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loro sollecitazioni, finii col cedere. Ma quando fu d’uopo fare i preparativi della partenza, e che trattossi di acquistare le merci necessarie, trovai ch’essi avevano tutto scialaquato, e che nulla era loro rimasto dei mille zecchini da me regalati a ciascuno. Io non ne feci loro il menomo rimprovero, ma poichè il mio avere consisteva in circa seimila zecchini, ne divisi la metà con essi dicendo: — Fratelli miei, bisogna arrischiare questi tremila zecchini e nascondere gli altri in qualche sicuro luogo, acciò, se il nostro viaggio non riesce più felice di quelli già da voi intrapresi, possiamo avere almeno con che consolarci e ripigliare l‘antica nostra professione.» Pertanto diedi mille zecchini a ciascuno di essi, altrettanti ne serbai per me, e sotterrai gli altri tremila in un angolo della mia casa. Noi comperammo varie merci, ed imbarcatele sopra una nave che noleggiammo per noi tre, spiegammo le vele con un vento favorevole. Dopo un mese di navigazione...»

— Ma il giorno già sorge,» soggiunse Scheherazade, «bisogna che io cessi. — Sorella,» disse Dinarzade, «questo è un racconto che promette assai, e suppongo che il seguito ne debba essere straordinario. — Non t’inganni,» rispose la sultana; «e se il sultano mi concede di narrartelo, son persuasa che ne sarai molto allettata.» Schahriar alzossi come nel dì precedente, senza dir parola, e non diè ordine al gran visir di far morire la figlia.


NOTTE VII


Sulla fine della settima notte, Dinarzade, svegliatasi, supplicò la sultana di continuare il bel racconto ch’ella non aveva potuto terminare il dì prima. — Ben volentieri,» rispose Scheherazade,