Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/610

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dizioso confidente, non potè il principe frenare il pianto. — Saggio Ebn Thaher,» sclamò quando gli tornò l’uso della favella, «posso ben impedire alla lingua di svelare il segreto del cuore; ma non ho potere bastante sulle mie lagrime, in tanto argomento di tema per Schemselnihar. Se quell’adorabile ed unico oggetto de’ miei desiderii non fosse più al mondo, non gli sopravvivrei un solo istante. — Scacciate sì molesto pensiero,» replicò Ebn Thaher; «Schemselnihar vive ancora, non dovete dubitarne; e se non vi fece, pervenire sue nuove, ciò sarà per non averne potuto trovar l’occasione; ma spero non passerà questo giorno senza che ne riceviate.» Aggiunse a queste parole varie altre cose consolanti; e quindi se ne andò.

«Ebn Thaher fu appena tornato a casa, che vi giunse la confidente di Schemselnihar. Aveva essa l’aria abbattuta, ed egli ne trasse cattivo presagio; chiestole notizie della padrona: — Datemene prima delle vostre,» gli rispose la confidente, «essendo stata in gran pena all’avervi veduto partire nello stato in cui trovavasi il principe di Persia.» Ebn Thaher ne accontentò il desiderio, e quand’ebbe finito, la schiava così favellò: — Se il principe di Persia ha sofferto e soffre per la mia padrona, non è dessa in minor pena di lui. Allorchè v’ebbi lasciati,» proseguì ella, «feci ritorno alla sala ove trovai che Schemselnihar non era ancor rinvenuta dal suo svenimento, malgrado tutti i soccorsi apprestatile. Il califfo le stava seduto vicino con tutti i segni d’un vero dolore; e domandò a tutte le donne, ed a me in particolare, se avessimo qualche cognizione della causa del suo male; ma tutte custodimmo il segreto, dicendo ben altra cosa da quella che veramente era. Grande frattanto fu il nostro dolore vedendolo soffrire sì a lungo, e non si tralasciò alcun mezzo di soccorrerla. Finalmente, era