Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/642

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che i ladri sono in tal numero, ch’ebbero l’ardire di saccheggiare non solo la casa, di cui v’ho parlato, ma parecchie altre eziandio dei principali signori della corte, nè ignorano che, malgrado gli ordini stati dati onde prenderli, non si è ancora potuto coglierne alcuno, per quanta diligenza siasi adoperata. Basterà che rendiate ai vostri amici il valore delle cose rubate, e vi resterà ancora, grazie a Dio, bastevoli sostanze. —

«Mentre aspettava lo spuntar del giorno, il gioielliere fece dallo schiavo accomodare alla meglio la porta di strada ch’era stata scassinata; e poi tornò alla sua solita casa col servo, facendo tristissimo riflessioni sull’accaduto. — Ebn Thaher,» andava fra sè dicendo, «è stato molto più saggio di me; egli aveva preveduto questa disgrazia, nella quale mi son gettato alla cieca; volesse Iddio non mi fossi mai immischiato in un intrigo che forse mi costerà la vita! —

«Appena fu giorno, si sparse per tutta la città la voce della casa derubata, traendo a lui una folla di amici e di vicini, la maggior parte dei quali venivano col pretesto di attestargli il loro dispiacere per quella disgrazia, ma più in vero per la curiosità di saperne i particolari. Non tralasciò egli di ringraziarli dell’affetto che gli dimostravano, ed ebbe almeno la consolazione di sentire che nessuno parlava di Schemselnihar, nè del principe di Persia; cosa che fecegli supporre ch’essi fossero alle case loro, od in qualche altro luogo di sicurezza.

«Quando il gioielliere fu solo, i suoi servi gli recarono da mangiare; ma egli non assaggio quasi nulla. Era mezzogiorno circa quando un suo schiavo venne a dirgli, trovarsi alla porta un uomo, a lui ignoto, il quale chiedeva di lui; il negoziante, non volendo ricevere in casa uno sconosciuto, si