Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/667

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«Sedettero; ed il gioielliere, pigliando pel primo la parola, domandò alla confidente, con un gran sospiro, se già avesse udita la morte del principe di Persia, e se fosse questi ch’ella piangeva. — Aimè! no,» sclamò quella. «Che! quel principe sì vezzoso è morto? Non ha dunque vissuto a lungo dopo la sua amata Schemselnihar! Anime dilette,» soggiunse, «ovunque vi troviate, dovete essere ben contente di potervi omai amare senza ostacoli. I vostri corpi erano un impedimento ai desiderii vostri, ed il cielo ve ne ha liberato per unirvi in eterno! —

«Il gioielliere, che nulla sapeva della morte di Schemselnihar, e che non erasi ancora avviato come la confidente che gli parlava fosse vestita a gramaglia, sentì nuovo dolore udendo quella notizia. — È morta Schemselnihar!» sclamò egli. — È morta,» ripigliò la confidente, piangendo di nuovo, «ed è per lei che porto il lutto. Le circostanze della sua morte sono singolari, e meritano di esservi narrate; ma prima di esporvene il racconto, vi prego di parteciparmi quelle della morte del principe di Persia, che piangerò per tutto il tempo della mia vita, unitamente a Schemselnihar, la mia cara e rispettabile padrona. —

«Il gioielliere diede alla confidente la soddisfazione che bramava; e dopo che ebbele raccontato ogni cosa, fino alla partenza della madre del principe, che recavasi allora appunto in persona, per farne trasportare a Bagdad il cadavere: — Non avrete dimenticato,» gli diss’ella, «avervi io detto che il califfo aveva fatto condurre la mia padrona al proprio palazzo; era vero, come ne avevamo già fatta la supposizione, che il califfo era stato informato degli amori di Schemselnihar e del principe di Persia, dalle due schiave da lui separatamente interrogate. V’immaginerete ch’egli montasse sulle furie contro la favorita, ed