Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/669

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io venni a parlarvi; e ne seppi i particolari delle mie compagne ch’erano presenti. Ma quando v’ebbi lasciato, andai a raggiungere Schemselnihar, e fui testimonio di ciò che accadde la sera. La trovai nell’appartamento che ho detto; e siccome essa non dubitava che io venissi di casa vostra, mi fece avvicinare, e senza che alcuno la udisse: — Vi sono gratissima,» così mi parlò, «del servigio che mi fareste; sento però che sarà l’ultimo.» Non mi disse di più; ned io era in luogo da poterle dare qualche conforto.

«Entrò alla sera il califfo al suono degli strumenti delle donne di Schemselnihar, e tosto fu servita la cena. Il califfo prese la mia padrona per mano, e la fece sedere presso di lui sul sofà; ma ella si fece tanta violenza per compiacergli, che la vedemmo spirare pochi momenti dopo. In fatti, appena seduta, cadde all’indietro. Credette il califfo fosse un semplice svenimento, e noi tutte ebbimo il medesimo pensiero; ci affrettammo a soccorreria, ma più non rinvenire, ed ecco in qual guisa la perdemmo.

«Il califfo la onorò delle sue lagrime, cui non seppe frenare, e prima di ritirarsi alle proprie stanze, ordinò di spezzare tutti gli stromenti; il che fu tosto eseguito. Io rimasi tutta la notte vicino al cadavere, e lo lavai io medesima, bagnandolo colle mie lagrime; la mattina dopo fu seppellita, per ordine del califfo, in una magnifica tomba, che le aveva fatto erigere nel luogo da lei stessa prescelto. — Poichè voi dite,» soggiunse quindi, «che si deve portare la salma del principe di Persia a Bagdad, son risoluto di fare in modo che venga collocato nel medesimo sepolcro. —

«Stupì il gioielliere di quella risoluzione della confidente. — Non ci pensate neppure,» ripigliò egli; «il califfo non lo permetterà mai. — Voi lo credete impos-