Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/685

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meno di perdonarmi, e lasciarmi andare liberamente, quando avrò soddisfatto alle vostre domande?

«— Prosegui, prosegui, maledetto,» ripigliò Maimona, «e non temer di nulla. Credi tu che io sia una perfida al par di te, capace di mancare al giuramento che ti ho fatto? Guardati però dal dirmi qualche menzogna: altrimenti ti taglierò le ali, e ti tratterò come meriti. —

«Danhasch, alquanto rassicurato da quelle parole di Maimona: — Mia bella dama,» ripigliò, «nulla vi dirò che non sia verissimo; abbiate soltanto la compiacenza di ascoltarmi. Il paese della China, d’onde vengo, è uno de’ più potenti imperi della terra, dal quale dipendono le ultime isole di questo emisfero onde v’ho già parlato. Il re d’oggi si chiama Gaiur, e costui ha un’unica figliuola, la più bella che siasi mai veduta nell’universo, dacchè mondo è mondo. Nè voi, ned io, nè i geni del vostro partito, nè quelli del mio, nè tutti gli uomini insieme, abbiamo termini adatti, espressioni abbastanza vive, od eloquenza sufficiente per farne un ritratto che si accosti a ciò ch’essa è in fatto. Ha costei i capelli bruni, e di tal lunghezza, che le scendono molto più basso dei piedi, e sono in tanta copia, che mal non somigliano ad uno di que’ bei grappoli d’uva, i cui grani sono di straordinaria grossezza, quand’ella se li accomoda in anelli sulla testa. Sotto quei capelli ha la fronte liscia come il più terso specchio, e di stupenda forma; gli occhi neri, a fior di testa, scintillanti e pieni di fuoco; naso nè troppo lungo nè troppo corto; bocca piccola e vermiglia; i denti sono come due file di perle, che superano le più belle in candidezza; e quando muove la lingua per parlare, manda una voce dolce e gratissima, ed esprimesi con parole che ne dinotano la vivacità dello spirito; il più bell’alabastro non è più bianco del suo seno. Da questo semplice schizzo