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NOTTE CCXV


— Sire, Danhasch si allontanò dalla fata, recossi alla China, e tornò con incredibile velocità, recando la bella principessa addormentata. Maimona la ricevette, e l’introdusse nella stanza del principe Camaralzaman, ove la deposero insieme sul letto accanto a lui.

«Quando il principe e la principessa furono così posti vicini l’uno all’altra, v’ebbe grande dibattimento fra il genio e la fata sulla preferenza della loro leggiadria. Stettero alquanto tempo ammirandoli e confrontandoli insieme senza parlare, e finalmente Danhasch ruppe pel primo il silenzio. — Lo vedete,» diss’egli a Maimona, «e ve lo aveva pur detto, che la mia principessa era più bella del vostro principe. Ne dubitate ora?»

«— Come! se ne dubito?» rispose Maimona. «Ma certo che ne dubito. Bisogna tu sia cieco, per non vedere che il mio principe la vince di molto sulla tua principessa. È bella, non ne disconvengo; ma non aver fretta, e confrontali bene l’uno coll’altra senza prevenzione; vedrai che la cosa sta com’io dico.

«— Quando mettessi maggior tempo a paragonarli più oltre,» ripigliò Danhasch, «non penserei diverso da quel che ne penso. Ho veduto quello che veggo alla prima occhiata, ed il tempo non mi farebbe veder altro se non quello che ora vedo. Ciò per altro non toglierà, vezzosa Maimona, che io vi ceda, se lo desiderate. — Non sarà così,» tornò a dire Maimona; «non voglio che un maledetto genio come te mi faccia grazia. Rimetto la cosa ad un arbitro;