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arrabbiare.» Si dicendo, gli diè uno schiaffo che lo gettò per terra; e dopo averlo a lungo calpestato, lo legò sotto le ascelle colla corda del pozzo, ve lo calò dentro, e lo immerse più volte nell’acqua fin sopra la testa. — Ti farò annegare,» gridava, «se non mi dici subito chi è la donna e chi l’ha condotta. —
«Lo schiavo, oltremodo imbarazzato, mezzo nell’acqua e mezzo fuori, disse fra sè: — Senza dubbio, il principe ha perduto pel dolore il cervello, ed io non mi posso salvare se non con una menzogna... Principe,» gridò dunque in supplichevole accento, «fatemi grazia della vita, ve ne scongiuro, e vi prometto di dirvi come sta la cosa. —
«Il giovane ritirò lo schiavo, e lo sollecitò a parlare. Quando l’altro fu fuori del pozzo: — Principe,» gli disse tremando, «voi ben vedete ch’io non posso soddisfarvi nello stato in cui mi trovo; datemi prima tempo d’andare a cangiar d’abito. — Te lo concedo,» ripigliò Camaralzaman, «ma fa presto, e bada bene di non nascondermi la verità. —
«Lo schiavo uscì; e chiusa la porta della torre, corse, nello stato in cui si trovava, al palazzo. Stava il re conversando col suo primo visir, lagnandosi con lui della cattiva notte passata a motivo della disobbedienza e del colpevole trasporto del principe suo figliuolo, nell’opporsi alla sua volontà.
«Procurava quel ministro di consolarlo, e fargli comprendere che il principe stesso gli aveva dato motivo di punirlo. — Sire,» gli diceva, «non deve vostra maestà pentirsi d’averlo fatto arrestare. Purchè abbia la pazienza di lasciarlo qualche tempo nel suo carcere, deve persuadersi ch’egli perderà quella foga giovenile, e si sottoporrà infine a tutto ciò che si esigerà da lui. —
«Terminava il visir queste parole; quando lo schiavo si presentò al re Schahzaman. — Sire,» gli