Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/707

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alcuno fra voi,» soggiunse, «bastantemente capace per intraprendere di guarirla e vi riesca, gliela darò in isposa; e lo farò erede de’ miei stati e della corona, dopo la mia morte. —

«Il desiderio di possedere una vaga principessa e la speranza di governare un giorno un regno possente quanto quello della China, fecero grande effetto sullo spirito d’un emiro, già maturo d’anni, il quale trovavasi presente al consiglio; siccome costui era molto versato nella magia, si lusingò di riuscirvi, ed offerì i suoi servigi al re. — Vi acconsento,» questi rispose; «ma voglio prima avvertirvi, che ciò è a condizione di farvi tagliar la testa se non riuscite: non sarebbe giusto che meritaste una sì grande ricompensa senza arrischiar nulla del vostro. Quello che or vi dico servirà per tutti gli altri che dopo di voi si presentassero, nel caso non accettaste la condizione, o che non riusciate. —

«Accettò l’emiro la condizione, ed il re lo condusse egli medesimo dalla principessa. Si coperse questa il viso appena vide comparire l’emiro, e: — Sire,» gli disse, «vostra maestà mi sorprende conducendomi un uomo, che non conosco, ed al quale la religione mi vieta di farmi vedere. — Figliuola,» rispose il re, «la sua presenza non vi deve scandalizzare; è uno de’ miei emiri che vi domanda in matrimonio: — Sire,» ripigliò la principessa, «egli non è quello che m’avete già dato, e del quale ricevetti la fede coll’anello che porto: non vi dispiaccia ch’io non ne accetti alcun altro. —

«L’emiro erasi aspettato che la principessa facesse e dicesse stravaganze; rimase dunque assai maravigliato vedendola sì tranquilla, e sentendola parlare con tanto buon senso; e conobbe perfettamente che essa non aveva altra follia fuorchè un violentissimo amore, il quale doveva essere ben fondato. Non ardì