Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/729

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«— Aimè!» sclamò il principe; «forse nel momento che parlo, il re mio padre non è più in vita.» E le raccontò il motivo che aveva di essere turbato da sì tristo pensiero. Senza parlargli del disegno da lei concepito per tale racconto, la principessa, la quale cercava ogni occasione di compiacerlo, e che conobbe poter il desiderio di rivedere il re suo padre diminuire d’assai il piacere d’abitar con lei in un paese sì lontano, approfittò quello stesso giorno dell’opportunità che le si presentava di parlare in disparte al re della China. — Sire,» gli disse ella, baciandogli la mano, «ho una grazia da domandare a vostra maestà, e la supplica di non negarmela. Ma affinchè non creda ch’io la domandi a sollecitazione del principe mio marito, le assicuro in prima non avervi egli parte veruna; tale grazia è ch’ella voglia permettere ch’io vada a trovare con lui il re Schahzaman, mio suocero.

«— Figliuola,» rispose il re, «per quanto grande sarà il dispiacere che costar mi debbo la vostra lontananza, non posso disapprovare cotesta risoluzione: essa è degna di voi, malgrado la fatica d’un viaggio sì lungo. Andate, ve lo concedo; ma a condizione che non rimarrete più d’un anno alla corte del re Schahzaman. Questo re vorrà bene, come spero, che trattiamo così, e che rivediamo a vicenda, egli, suo figlio e la nuora; io, la figlia e mio genero. —

«La principessa annunciò il consenso del padre a Camaralzaman; il quale ne provò sommo giubilo, e la ringraziò del nuovo segno d’amore che ella gli dava.

«Il re della China volle assistere in persona ai preparativi del viaggio e quando tutto fu disposto; partì con essi, e li accompagnò per alcune giornate. La separazione infine si fece con molte lagrime da una parte e dall’altra; abbracciolli il re teneramente,