Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/196

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qualità di straniero, credevasi dispensato dall’obbedire. Avendogli allora il sultano fatto dire di presentarsi, l’ebbe la principessa, appena veduto che, gettatogli sulla testa un fazzoletto ricamato, sclamò: — Ecco quegli che m’ha liberata dai furori del mostro. —

«Il sultano comandò di condurre alla sua presenza il giovane straniero, e comparso questi, facendo con moltissima grazia le riverenze d’uso: — Generoso straniero,» gli disse il principe, «qual ricompensa può esser degna di tale azione? — Ve n’ha una,» rispose il giovane, «che colmerebbe tutti i miei voti: la mano della bella principessa che ho salvata. — Domandami piuttosto la metà de’ miei tesori,» replicò il sultano. Se non che avendo i ministri ed i grandi della corte rappresentato al monarca l’importanza del servigio reso dallo straniero, egli diede infine il proprio assenso, ed il matrimonio fu celebrato. Ma la prima notte, lo sposo, alzatosi, prese l’anello della moglie, le pose in dito il suo, e le vergò sulla palma della mano queste parole: — Io mi chiamo Aladdin, e sono figlio del possente sultano che regna sull’Yemen: vieni a trovarmi colà se puoi, altrimenti resta in seno della tua famiglia.» E, lasciando l’addormentata sposa, abbandonò la città, continuando i suoi viaggi. In un altro paese, sposò di nuovo la figlia d’un sultano, abbandonandola nella medesima guisa; ma gli avvenimenti che condussero a quel secondo matrimonio non meritano d’essere riferiti.

«Lasciando la seconda moglie, il principe si rimise in cerca dell’uccello, cui apparteneva il collare di smeraldi e di perle, e finalmente giunse alla città dove risiedeva la padrona di quell’animaletto, ch’era la figlia d’un possente monarca. Il nostro viaggiatore, entrato nella capitale, dopo aver vagato per parecchie vie, vide seduto in disparte un