Pagina:Le mille ed una notti, 1852, III-IV.djvu/224

Da Wikisource.

206


fecero largo anch’essi, favorendone così la fuga; egli s’avviò in fretta ad una porta della città, e si pose in salvo.

«Mentre il giovane sottraevasi alle ricerche di Giafar, quel ministro entrava nella camera dove trovavasi Tormenta, seduta sur un sofà, e dove stava pure una gran quantità di casse piene delle robe di Ganem, e del denaro ricavato dalle sue merci.

«Quando Tormenta vide entrare il gran visir, si prostrò col viso a terra, e rimanendo in quella posizione come disposta a ricevere la morte: — Signore,» disse, «eccomi pronta a subire la sentenza che il Commendatore de’ credenti ha pronunciato contro di me; non avete che ad annunziarmela. — Madama,» le rispose Giafar, prosternandosi anch’egli finchè la giovine si fu rialzata, «distolga Iddio che alcuno osi mettere su voi la sua mano profana! Non ho in animo di farvi il minimo dispiacere. Non mi fu dato altro ordine fuorchè di pregarvi a voler venire con me al palazzo, e condurvi anche il mercadante che abita in questa casa. — Signore,» rispose, alzandosi, la favorita, «son pronta a seguirvi. Quanto al giovane mercante, al quale devo la vita, egli non è più qui. È già quasi un mese ch’è ito a Damasco, dove io chiamavano i suoi affari; e fino al di lui ritorno, m’ha lasciato in custodia questi forzieri che vedete. Vi supplico a volervi compiacere di farli portare al palazzo, ed ordinare di metterli in luogo di sicurezza, affinchè io possa mantenere la promessa d’averne tutta l’immaginabile cura.

«Sarete obbedita, madama,» replicò Giafar. E subito fatti venire alcuni facchini, comandò loro di prendere i forzieri e portarli a Mesrur.

«Partiti i facchini, egli parlò all’orecchio del giudice di polizia, incaricandolo della cura di far demolire la casa, facendovi prima cercar dappertutto Ganem,