Pagina:Le mille ed una notti, 1852, III-IV.djvu/464

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fare se non una semplice colazione, trovaronsi ancora a tavola all’ora del pranzo; vivande sì eccellenti avevano destato il loro appetito, e mentre erano ancor calde, credettero meglio di riunire insieme i due pasti, finiti i quali rimase lor ancora non soltanto per la cena, ma ben anche da fare due altri buoni pasti per la domane.

«Quando la vecchia ebbe sparecchiato e messe in disparte le vivande, alle quali non avevano toccato, venne a sedere sul sofà vicino al figliuolo. — Aladino,» gli disse, «attendo che soddisfacciate all’impazienza in cui sono d’udire il racconto che m’avete promesso.» Il giovane le narrò esattamente quanto era accaduto tra il genio e lui durante il di lei svenimento, finchè fu rinvenuta.

«La madre di Aladino rimase piena di stupore pel discorso del figliuolo e l’apparizione del genio. — Ma, figlio mio,» ripres’ella, «che cosa intendete dire coi vostri geni? Giammai, dacchè sono al mondo, non ho sentito che veruno di mia conoscenza ne avesse veduti. Per qual caso quel brutto genio è venuto a presentarmisi? Perchè s’è egli rivolto a me, e non a voi, al quale era già apparso nel sotterraneo del tesoro?

«— Madre,» ripigliò Aladino, «il genio apparsovi non è il medesimo che comparve a me: somigliansi in certo modo per la loro gigantesca statura, ma sono affatto diversi per l’aspetto e pel vestimento, ed appartengono a padroni diversi. Se ben vi ricorda, quello che ho veduto io si disse schiavo dell’anello che tengo in dito, e l’altro che vedeste voi, si proclamò schiavo della lucerna che avevate in mano. Ma credo che non l’abbiate inteso; mi sembra in fatti che siate svenuta appena egli avea cominciato a parlare.

«— Come!» gridò la vecchia; «è dunque la vostra lucerna la cagione che quel brutto genio siasi