Pagina:Le mille ed una notti, 1852, III-IV.djvu/598

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«In fatti, invece di ringraziarlo del ricco donativo da me allora avuto: — Fratello,» nuovamente gli dissi, «per l’interesse che prendo alla vostra quiete, non so risolvermi a separarmi da voi, senza pregarvi di considerare di nuovo quanto siano difficili da guidare trenta cammelli carichi, specialmente per un uomo come voi, non avvezzo a simili fatiche. Ve ne trovereste assai meglio, se mi faceste una grazia simile a quella che or mi avete usata. Ciò che vi dico, come ben vedete, non è tanto per amor mio e per mio interesse, quanto per rendervi maggior servigio. Sbarazzatevi dunque di questi altri dieci cammelli, cedendoli ad un uomo par mio, al quale costa nessuna fatica il prendersi piuttosto cura di cento che d’uno solo. —

«II mio discorso fece il desiderato effetto, ed il dervis mi cedè senza alcuna resistenza i dieci cammelli che gli domandava, di modo che gliene restarono appena venti, mentre io mi trovai padrone di sessanta carichi, il cui valore superava le ricchezze di molti sovrani. Vi parrà che dopo ciò dovessi essere contento; ma, Commendatore de’ credenti, simile ad un idropico che quanto più beve, e più ha sete, mi sentii più di prima infiammato dalla brama di possedere i venti altri che rimanevano ancora al dervis.

«Raddoppiai dunque sollecitazioni, preghiere, importunità per farlo accondiscendere ad accordarmene altri dieci ancora, al che egli si arrese di buona grazia; e quanto ai dieci ultimi che gli restavano, lo abbracciai, lo baciai, e gli feci tante carezze, scongiurandolo a non negarmeli, e mettere così il colmo all’obbligo che gliene avrei avuto in eterno, ch’ei mi riempì d’allegrezza annunziandomi d’acconsentirvi.

«— Fatene buon uso, fratello,» soggiunse, «e ricordatevi che Dio può toglierci le ricchezze nel modo stesso che ce le dà, se noi non ce ne serviamo a soccorrere i poveri, ch’ei si compiace lasciare nell’inopia, per dar