Pagina:Le mille ed una notti, 1852, III-IV.djvu/731

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che tu abbia cura di far avvertire Alì Kodjah di portare il vaso d’olive, e che si trovino all’udienza due commercianti di quel genere.» Il califfo gli diede tali ordini continuando il suo giro, cui egli terminò senza incontrare altra cosa che meritasse attenzione.

«Alla domane, venuto il gran visir Giafar alla casa dove il califfo era stato testimonio del giuoco dei fanciulli, chiese di parlare al padrone; in mancanza di questi, ch’era uscito, lo fecero parlare colla moglie. Le chies’egli se avesse figliuoli. Rispose di averne tre, e fattili venire: — Figli miei,» chiese loro il gran visir, «chi di voi faceva ier sera da cadì quando giuocavate assieme?» Il più grande, ch’era il primogenito, rispose esser lui, ed ignorando perchè gli facesse quell’interrogazione, impallidì. — Figlio mio,» gli disse il gran visir, «venite con me; il Commendatore de’ credenti vi vuol vedere. —

«La madre fu grandemente costernata quando vide che il gran visir voleva condur seco il giovinetto, e gli domandò: — Signore, è forse per tormelo che il Commendatore de’ credenti chiede mio figlio?» Il gran visir la rassicurò, promettendole che in meno di un’ora il ragazzo le sarebbe rimandato, e saprebbe al suo ritorno, con sommo di lei contento, il motivo pel quale lo si chiamava. — Se così è, signore,» ripigliò la madre, «permettetemi che prima lo faccia vestire d’un abito più conveniente, per renderlo più degno di comparire davanti al Commendatore de’ credenti.» E così fece, senza perder tempo.

«Il gran visir condusse con sè il giovanetto, e lo presentò al califfo all’ora indicata ad Alì Kodjah ed al mercatante per ascoltarli.

«Il califfo, vedendo il fanciullo alquanto interdetto, e volendolo preparare a ciò che da lui si attendeva: — Vien qui, figlio mio,» gli disse; «ac-