Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/107

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ma non mi dite quali siano queste difficoltà, ed in che cosa consistano tali pericoli. Lo desidererei sapere per consigliarmi, e vedere se possa avere o no fiducia nella mia risoluzione, nel coraggio e nelle forze mie. —

«Il dervis allora ripetè alla giovane lo stesso discorso tenuto a Bahman ed a Perviz, esagerandole le difficoltà da superarsi per salire sino alla vetta della montagna dov’era l’uccello nella sua gabbia, onde bisognava impadronirsi; dopo di che l’uccello stesso darebbe notizia dell’albero e dell’acqua gialla; lo strepito ed il frastuono delle voci minacciose e spaventevoli che udivansi da tutti i lati senza vedere alcuno; ed in fine la quantità delle pietre nere, oggetto sol esso capace d’incutere spavento a lei e ad ogni altro, quando sapesse che quello pietre erano tanti bravi cavalieri, stati così trasformati per non aver osservata la principale, condizione onde riuscire nell’impresa, quella, cioè, di non guardarsi indietro, se prima non si fosse in possesso della gabbia.

«Allorchè il dervis ebbe finito:

«— Da quanto capisco dal vostro discorso,» ripigliò la principessa, «la grande difficoltà per riuscire in quest’impresa e primieramente di salire fino alla gabbia senza atterrirsi al fracasso delle voci che si odono senza vedere alcuno; ed in secondo luogo, di non guardarsi indietro. Quanto all’ultima condizione, spero di essere abbastanza padrona di me medesima per ben osservarla. Rispetto alla prima, confesso che queste voci, quali me le rappresentate, sono capaci di spaventare i più coraggiosi; ma siccome in tutte le intraprese perigliose e di alta conseguenza, non è vietato d’usare l’astuzia, vi domando se non si potesse servirsene in questa, che m’è di tanta importanza? — E di qual astuzia vorreste usare?» chiese il dervis: — Mi pare,» rispose la principessa, «che turandomi