Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/310

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perdonare ad un infelice par mio, quand’anche il fallo fosse palese. Far grazia della vita, è la maggior concessione che si possa fare: su ciò la potenza degli uomini si avvicina a quella della Divinità, giacché lasciar vivere chi si può far morire, è, per così dire, rendere la vita ad un morto: l’esempio del re Beherkerd prova che i sovrani, i quali fanno uso della clemenza, ne sono pur essi talvolta ricompensati.—

«Azadbakht parve desideroso di udire la storia del re Beherkerd, ed il giovane la raccontò in questi termini....»

Il giorno, che cominciava a spuntare, impose silenzio alla sultana delle Indie, la quale all’indomani — riprese il seguito dei racconti che la storia dei dieci visiri le presentava tanto a proposito.


NOTTE CDLVI

STORIA

DEL RE BEHERKERD

— «Beherkerd era un principe potente, temuto dai vicini, e più ancora dai sudditi. La giustizia cui pretendeva rendere a questi con sollecitudine era una vera ingiustizia: incapace di maturo esame, confondeva l’innocente col reo, e non distingueva l’apparenza dal vero misfatto. Ignorando l’arte di proporzionare le pene ai delitti, puniva i più leggeri come i più gravi, e non perdonava neppure gli errori involontari. Geloso di tutti i diritti della sovranità, il