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NOTTE CDLXII

— «Molti giorni passarono senza che il re si appigliasse ad alcun partito; era tristo e pensoso, e non poteva prendere alcun cibo. Il supplizio dello schiavo e del giovane non parevagli bastante a soddisfare interamente la sua vendetta; la regina era a’ suoi occhi ancor più rea, ma non poteva risolversi a toglierle la vita: il suo amore per lei sembrava aumentare, dopo ch’erasi privato del piacere di vederla; sentiva che facendola morire, esponevasi al più grave dolore, e forse non le sarebbe sopravvissuto.

«La nutrice del soldano, che dimorava nel serraglio, fu allarmata dal cambiamento che scorse nella di lui fisonomia. Era una donna prudente e sperimentata, che conosceva molti rimedi e segreti, e nella quale il re riponeva di solito molta fiducia: temendo, questa volta, d’inasprire il suo dolore, o che non volesse fargliene conoscere la cagione, risolse di rivolgersi a Schah-Khaton, che vedeva nella medesima situazione. — Che cosa ha dunque il soldano?» le disse un giorno; e sembra assai tristo, e non mangia quasi più. — Lo ignoro,» rispose Schah-Khaton.

«La vecchia non si disanimò per quella risposta, e fece tanto colle sue preghiere e colle carezze, che la regina, dopo averle fatto giurare il segreto, le raccontò la propria storia e quella del figlio. — Sia lodato Iddio,» sclamò la nutrice prosternandosi; «non sarà difficile il calmare la gelosia del soldano e disingannarlo!,