Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/361

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«— Avvi bisogno di esame in questa circostanza?» rispose il principe; «l’amore di Schah-Khaton per quel giovane non è forse palese, e non è dessa che lo ha fatto venir qui?

«— È vero,» replicò la nutrice; «ma voi non potete conoscere ancora che una parte della verità. Io conosco un mezzo sicuro di penetrare nel cuore di Schah-Khaton, e farle confessare tutto l’intrigo: acconsentite soltanto ad impiegare questo mezzo.

«— V’acconsento volentieri,» rispose il sultano;» che bisogna fare per ciò?

«— Voi conoscete,» continuò la nutrice, «l’uccello chiamato upupa, di cui si parla nel capitolo del santo Corano, che ha per titolo la Formica; questo uccello, che riferiva al più saggio dei re ciò che avveniva alla corte della regina Saba, e gli serviva di messaggero, indicavagli eziandio le sorgenti d’acqua nascoste nelle viscere della terra; esso può parimenti servire a rivelar i più segreti pensieri degli uomini. A tal uopo, basta porre il cuore d’uno di questi uccelli sul petto d’una persona addormentata; essa risponde allora, nella sincerità della sua anima, a tutte le domande che le si fanno, e svela i più reconditi pensieri. — «Il soldano, lieto di poter scoprire così facilmente ciò che desiderava conoscere, disse alla nutrice di procurarsi subito uno di quegli uccelli e portargliene il cuore.

«La nutrice si recò dapprima dalla regina; le narrò il colloquio avuto col sultano, la prevenne che verrebbe da lei, quando la credesse addormentata, e le raccomandò di rispondere con ardire e franchezza alle sue domande, fingendo sempre di dormire. Si fece poscia recare un’upupa, ne estrasse il cuore e lo consegnò al re.

«Scesa la notte, Schah-Khaton disse che voleva co-