Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/374

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«Giafar non potè trattenersi di ringraziare dapprima Attaf, disse indi tra sè: — È maraviglioso, ed è spingere un po’ lungi la gentilezza ed il desiderio di onorarmi. —

«All’indomani mattina, Giafar ed Attaf, alzatisi, andarono insieme al bagno. Il visir, dopo essersi bagnato, stava per riprendere i propri abiti, ma Attaf gliene presentò di più magnifici.

«Uscendo dal bagno, trovarono alla porta cavalli sellati. Vi salirono, e passeggiando nei dintorni della città, visitarono la tomba chiamata Cabralsett, e passarono così la giornata in un modo che avrebbe potuto divertir Giafar in tutt’altra circostanza. Il giorno seguente, andarono a passeggiare da un’altra parte.

«Quattro mesi così trascorsero. Al temine di questo tempo, il visir, annoiato di vedere che non gli accadeva nulla di straordinario, e che potesse fargli sperar la fine del suo esilio, s’abbandonò viemaggiormente al dolore e alla tristezza. Il suo ospite se ne avvide, e gli disse, un giorno che s’affliggeva al punto di piangere:

«— Perchè, signore, dolervi così? Cercate piuttosto di distrarvi, e ditemi soltanto ciò che vorreste fare a tal uopo.

«— È vero, generoso Attaf,» rispose Giafar, «che l’uniformità dei nostri piaceri, queste passeggiate, che si rinnovano tutti i giorni, per quanto siano deliziosi i luoghi che noi percorriamo, accrescono la mia noia. Preferirei, credo, passeggiar solo in Damasco, e visitare un giorno la moschea degli Ommiadi, che si riguarda come una delle quattro meraviglie del mondo1.


  1. Le quattro meraviglie del mondo, secondo gli arabi autori, sono il faro d’Alessandria, il ponte del Sangia, nella parte settentrionale delle Siria sino all’Eufrate, le chiese di Roha (Edessa), e la moschea di Damasco.