Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/387

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breve consapevole di quell’avvenimento, accorreva in folla e mormorava altamente. Il governatore stimò prudente di non far giustiziare Attaf in pubblico; parve arrendersi alle istanze di chi lo circondava, e comandò lo si conducesse in carcere, ma nel medesimo tempo fece dire in segreto al cameriere ch’egli manderebbe a strangolare il prigioniero la notte seguente.

«Il carceriere era affezionato ad Attaf, del quale avea più d’una volta provata la beneficenza; esacerbato dalla condotta del governatore, che gli parve l’effetto dell’odio e dell’invidia, non dubitò che se il califfo fosse consapevole di quell’affare, avrebbe riconosciuta l’innocenza dell’accusato, e punito il governatore. Egli risolse adunque di esporre la propria vita per salvare quella del benefattore ed offrirgli il mezzo di far intendere le sue querele.

«Con tal intenzione avvicinossi ad Attaf e gli svelò l’ordine avuto. — Io attendo tranquillamente la morte,» rispose Attaf; «voleva far cosa grata ai miei vicini, e dispensarli di pagare l’ammenda; il servigio che resi loro è la cagione della mia morte: debbo adorare i decreti di Dio e sottomettermi al mio destino.— Che dite?» ripigliò il carceriere; «voglio salvarvi, e se abbisogna, sacrificare la mia vita per riscattar la vostra. Comincerò a rompere le vostre catene; indi mi farò alcune ferite al volto, mi lacererò gli abiti e mi strapperò la barba; voi mi metterete questo turaccio in bocca, ed uscendo dalla prigione, vi allontanerete ratto. —

«Attaf accettò l’offerta del carceriere, e lo ringraziò piangendo della sua generosità. Egli uscì dalla prigione quando tutto fu eseguito, ed avviossi tosto verso Bagdad.

«Frattanto il governatore di Damasco, sollecito di disfarsi d’Attaf, andò alla prigione verso mezzanotte,