Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/441

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stenere lo splendore della corazza e dello scudo; il ferro della lancia sfavilla come il fuoco; non vede la scimitarra, ma Habib s’accorge con piacere che quella della quale si è impadronito, corrisponde agli altri pezzi del trofeo. Tutte quelle armi sono coperte di caratteri misteriosi de’ quali cerca penetrare il senso; ei legge sulla corazza: La fermezza dell’anima è il vero usbergo dell’uomo. Prosegue, e trova sull’altre parti dell’armatura: La pazienza è il suo scudo. La sua lingua, la lancia più forte. La sapienza deve esserne l’elmo; la prudenza, la visiera. Senza il valore; ignude gli sono le braccia; le gambe inutili senza la costanza.

«— O gran Salomone!» sclama l’eroe; «la fenice stende ancora con orgoglio i suoi vanni sul cimiero dell’elmo tuo!... Copritevi di lamine di ferro, impossenti guerrieri della terra! il profeta dell’Onnipossente marciava ai trionfi sotto l’usbergo della virtù. —

«Habib contempla poi i trecentosessantasei geroglifici che formano l’ornamento delle pareti della sala: avvene uno unico per semplicità, ma che l’insufficienza del suo spirito non può spiegare; un altro, più complicato, svela all’istante il proprio mistero: i trecentosessantacinque geroglifici si spiegano, e nonostante non ponno essere spiegati che per un solo.

«Sempre riflettendo, il giovane avanzava verso la porta che dovevagli aprire gli spazi ove stanno racchiuse le ricchezze di Salomone; trovando sempre nuovi gradini da scendere e tortuosi sentieri, giunge alle diverse porte, che apre e richiude senza rumore, ed incontra da per tutto mostri che cercano spaventarlo colla loro deformità, le urla e le minacce. La testa dell’uno, formata d’un cranio umano armato di corna, terminava in becco d’aquila; quella dell’altro riuniva le tre specie tra la tigre, il lione e l’elefante; questi aveva un capo di coccodrillo su spalle umane; un’idra a