Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/452

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ornato: la tavola imbandita; più non si tratta se non di sospendere l’effetto magico che fa durare il sonno di Habib; ma bisogna ch’ei si desti sul sofà presso al quale è preparata la mensa, rimpetto alle tre ninfe.

«— Vediamo, sorelle,» disse allora la primogenita, «se questi sia il cavaliere arabo, amante di Dorrai Algoase. Adoprerò un mezzo infallibile; alzate le mani e scuotetele sinchè io parli. Da parte del gran profeta Salomone, cavaliere, io ti risveglio in nome di Dorrai Algoase!

«— Dorrai Algoase!» sclamò Habib, svegliandosi di soprassalto, e mettendosi a sedere; si guarda intorno, e rimane a un tempo abbagliato e stupito: tre giovani beltà, quasi ignude, una tavola coperta di vivande appetitose e di frutti, un padiglione tutto di porpora e di corallo, ed il nome di Dorrai Algoase, producono tal effetto.

«— Dorrat Algoase!» sclama tornando a sedere, e guardandosi intorno; «dov’è la mia cara Dorrat Algoase?

«— Non è qui, signor cavaliere,» risponde la maggior sorella «ma vi trovate in faccia ad una delle isole che i geni ribelli le hanno rapito: potete scorgerne la terra al di là di quello stretto; è quel vapore azzurrognolo che limita l’orizzonte.

«— Siete voi della sua comitiva? Dove fui trasportato?» disse il giovane con emozione. — Siamo,» rispose la primogenita delle figlie del mare, «ancora sue suddite in fondo al cuore, benchè di presente assoggettate, nostro malgrado, alle leggi del ribelle Abarikaf, e sotto il dominio immediato del mostro Racascik.

«— Dove sono costoro?» replicò Habib, acceso d’ira; «io ne purgherò il mondo. — Signore,» rispose la maggiore delle figlie del mare, «l’uno e l’altro son fuor della portata de’ vostri colpi: Abari-