Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/462

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fermatisi d’improvviso, e fanno ogni sforzo per ispezzare i nodi che li tengono attaccati alla zattera. Una delle sorelle accorre, e li taglia; il bastimento resta immobile: in breve un’onda che i mostri marini faceano sollevare, sembra voglia inghiottirlo; Habib vede non esservi un sol momento da perdere per liberare le amabili sue compagne dal pericolo che sovrasta; impugna la scimitarra, e si getta a nuoto, pronunciando la parola formidabile del talismano. Sarebbesi detto che le acque ordinavansi da sè stesse per aprirgli sicuro il varco; i cavalloni si acquetano, i flutti si spianano, e l’eroe vien portato in un sito della riva in cui nulla pone ostacolo alla sua discesa.

«I suoi nimici, dispersi in drappelli, pare non attendano che i di lui sguardi per darsi alla fuga. Egli si volge laddove più densa gli sembra la calca, slanciasi colla scimitarra in pugno, e tutto ciò che resiste al ferro, vien sul momento disperso. Mokilras, tigre enorme, sosta sui due piedi, getta contro l’eroe la pesante clava ond’è armata, e ripigliando in breve la sua natura, fugge sulle quattro zampe. La insegue Habib, ma non permettendogli le forze umane di raggiugnerla, pronuncia ad alta voce la fatal parola, e ad un tempo grida: — Mokilras, ti arresta in nome di Salomone!» Il mostro resta immobile. Un fendente gli spicca la testa dal busto, e la sua pelle gli è nel medesimo istante levata.»