Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/472

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le domandarono in grazia di lanciarsi acconciare i bellissimi suoi capelli. — Aimè!» sclamò la donna; «essi furono la cagione della mia sciagura; nondimeno, siccome nel mio infortunio stati pur sono l’unico mio conforto, non posso rimproverarmi il troppo affetto in cui li ebbi: ve li abbandono dunque con molta soddisfazione.» La dama dai bei capelli uscì dalla toletta con in testa una treccia in forma di tiara, adorna di perle e rubini, mentre due altre gliene cadevano sul dorso e sulla cintura. Appena fu abbigliata, gli scudieri vennero ad avvertirla essere la tavola imbandita. Habib la prese per mano onde condurla: essa pregò le amabili figlie del mare di restar a pranzo con lei, ed il cavaliere arabo trovossi per la prima volta in sua vita a desco con donne, e per la prima volta da sei mesi, ad un banchetto che non fosse il prodotto della sua o dell’altrui industria.

«La dama dai bei capelli era giovane, di bella statura ed avvenente; i suoi sguardi, pieni di fuoco, spiravano un languore commovente; un cuore che stato non fosse già invaghito, sarebbesi facilmente acceso per lei; ma nessuno eravi che potesse rifiutarsi all’interesse che ispirar dovevano la sua persona e le sue avventure. Habib lasciava cadere su lei teneri sguardi. Ilzaide li sorprendeva senza cercarli, e sensibile, benchè inconscia, ne risentiva gelosia. Il tempo della mensa passò in attenzioni reciproche: terminato il pasto, la compagnia passò in una sala, ed Habib pregò la dama a compiacersi, se non le fosse d’incomodo, di fargli il racconto delle sue disgrazie. Sospirò la donna, asciugossi le lagrime che le spuntavano sul ciglio, e prese a dire: