Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/500

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«— Caro Alabus,» disse Habib, «ho il cuore tutto commosso. Non vivrò che al momento in cui potrò soccorrere mio padre: apritemi una volta ancora la porta che condur mi deve al talismano che renderà la vista al caro autore de’ miei giorni. Il ritardo d’un istante m’è un peso enorme sul cuore, e non dubito che la mia cara Dorrat Algoase non partecipi alla mia premura. —

«La vezzosa regina non poteva senza dubbio non a essere dispostissima ad entrare nei sentimenti di uno sposo di cui divideva gli affetti; e subito si fanno i preparativi del viaggio.

«Habib è sceso nella caverna dove giacciono le armi di Salomone. Niuno si è presentato a contrastargliene l’ingresso. Quando si accosta al trofeo per attaccarvi la scimitarra, scorge sulla visiera dell’elmo due opali, piatti, legati assieme con un filo d’oro, della larghezza d’occhi umani. Brillavano d’abbagliante splendore. Li riconosce pel talismano indicatogli, li prende, e si ritira, dolente di non restare più a lungo in un luogo dal quale ricavar potrebbe tanta istruzione; ma il sentimento dell’amor filiale estingue in lui ogni altra passione. Più non pensa che a veder partire Daliska e la consorte, onde poter immantinenti volare laddove lo chiamano la sua terezza ed il dovere. Ma un’altra cosa lo occupa: ha lasciate nell’isola Bianca le figlie del mare. Interessa quindi i consorti a fermarvisi per ricondurle con loro.

«L’aurora del dì seguente vede i due roc sollevarsi nell’aria e prendere opposte vie. Verso la notte del terzo giorno, i figliuoli di Selama possono scoprirne le tende, e l’uccello che li porta, va a posarsi vicino alla palizzata che chiude l’ingresso dell’asilo abitato già da Habib e da Alabus. La felice coppia vi penetra. Il genio conduttore del roc sbarazza l’animale del suo fardello, e lo abbandona