Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/509

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rasi certamente nella mia testa una specie di rivoluzione: mi si comunica a tutti i nervi; mi pare che tutti gli organi, che il corpo tutto si rianimi...

«— L’operazione dev’esser fatta, o signore; aprite gli occhi senza timore. I raggi del sole vi offenderanno meno che non abbiano finor fatto. — Cielo! io veggo!» sclama il buon emiro, e prima di guardarsi intorno, precipitasi colla faccia a terra per render grazie a Dio, e fatta la sua preghiera, si rialza. — Dov’è il mio medico?» dice in una specie di trasporto; «dov’è il messaggero divino? — Son io. — Creatura celeste! — Celeste non sono, o mio virtuoso padre! sono Dorrai Algoase, vostra figlia, a cui la sorte vi aveva sagrificato; sono la sposa del vostro caro Habib. — Sposa di Habib!... accostatevi.... Alaschraf, sostenetemi mio figlio è ammogliato! è vivo! dov’è? — Alle vostre ginocchia,» grida Habib, gettandovisi. — O cielo!» sclama Selama; «è certo che mi hai restituite le forze; ma molte me ne vogliono per sostenere l’eccesso della mia felicità!» E rimane come privo di sensi tra le braccia dei giovani sposi.

«Ma non è che una crisi del momento, il cui effetto è di facilitare il passo a due torrenti di lagrime di tenerezza che cercano il varco per uscirgli dagli occhi, e confondonsi ben presto con quelle che scorrono per le guance de’ figliuoli, e con quelle della sua sposa; la vecchia governante, trasportata dalla forza dell’affetto, si prende la libertà di venirvi a mescolare le proprie.

«Finalmente Alaschraf rammenta che bisogna prendere qualche ristoro. Il padre è a mensa fra i due figliuoli; la genitrice gli sta rimpetto, godendo d’un quadro formato dalla riunione degli oggetti della sua tenerezza.

«Corto è il pranzo; la governante si allontana, ed