Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/561

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specchio, e si mise a rimirarsi; la sua barba, che cominciava a divenir grigia, accrebbe il suo dispiacere d’esser senza prole, talchè tornò a casa di molto mal umore.

«La sposa del mercante, sapendo l’ora ch’ei doveva rientrare, avea avuta la cura di bagnarsi anch’essa, ed abbigliarsi de’ più begli abiti per riceverlo. Quando rientrò, gli corse incontro, augurandogli la buona sera; ma egli l’accolse assai male, dicendole di non aver bisogno de’ suoi augurii.

«Dolente di quella fredda accoglienza, la donna fece servir da cena, e pregollo di mettersi a tavola. — Non voglio mangiar nulla,» rispos’egli. Nel medesimo tempo respinse col piede la tavola, su cui stava la cena. — Perchè mai,» diss’ella, «non volete mangiare, e qual è la causa del vostro mal umore?

«— Voi stessa,» rispose il mercante duramente; «questa mattina, aprendo il magazzino, ho veduti tutti i nostri vicini, circondati dai loro bimbi, ed io dissi tra me: Fui ben sciocco di giurare a mia moglie, la prima notte delle nostre nozze, che non ne avrei sposato altre, e che nessuna schiava diventerebbe la sua rivale; infine, che non avrei mai passata la notte fuor di casa: allora non prevedeva che mia moglie sarebbe sterile, e non mi darebbe mai prole.

«— Chi chiamate voi sterile?» rispose la moglie incollerita; «siete voi piuttosto impotente ad aver figliuoli. —

«Il mercante, maravigliato di quella risposta e dell’accento di sicurezza col quale venivagli fatta, cominciò a concepir sospetti su quanto lo concerneva, e disse alla moglie: — Sarebbe mai possibile, e non vi potrebb’essere, in tal caso, qualche specifico che potesse procurarmi prole? Io son pronto ad acquistarlo a qualunque prezzo, e tentarne la prova.